Natale a Trieste, città di frontiera e di mescolanze

Una passeggiata nel cuore della città, tra luci, mercatini e suggestioni

Una città che è ricchezza Ogni città ha il suo fascino, soprattutto a Dicembre, quando lo spirito del Natale si insinua nelle strade e nei cuori di chi, in quelle strade, abita o è di passaggio. Trieste è una città che è un po’ a sé, in un angolo d’Italia lassù, a oriente, dove tutto è più lontano ed estraneo, dove tutto si incontra e si mescola. È città romana e città medioevale, ospita il neoclassicismo settecentesco e, al contempo, i palazzi Liberty di inizio Novecento. Ha il porto, che ebbe il suo fiorire nell’Ottocento. Trieste è città di confine, passaggi e aperture. Vanta un’eredità austriaca all’interno della cultura italiana e, al contempo, slovena. È testimone di una tradizione ebraica nel suo ghetto. Trieste è commistione e mescolanza. È una città pervasa di storia, letteratura, tradizione, colore locale. Si pensi alle vicende della Grande Guerra, l’irrendentismo e la questione triestina che la videro protagonis
ta; si pensi al fermento letterario a cavallo tra fine Ottocento e primo Novecento, a Umberto Saba, Italo Svevo, James Joyce e ai caffé che li hanno ospitati; si pensi anche alla tradizione culinaria e a quella carsolina delle osmize, al caffé che solo a Trieste, quasi per magia, diventa nero, capo o capo in b. E non solo. Trieste, città-ponte e con i ponti, è stata capitale mitteleuropea, crocevia, luogo di incontro e incontri, la cui piazza principale – Piazza Unità d’Italia – che si affaccia sul mare con i suoi maestosi palazzi, ha giocato il ruolo di centro nevralgico in epoca imperiale.
Una città che è nitida visione Se chiudo gli occhi, sono ancora lì. Riesco proprio a vederla. Cammino per via di Cavana di sabato mattina, tra il brusio della folla fatta di turisti che fanno colazione ai tavolini dei bar e gente locale che acquista frutta e verdura, pesce fresco e pane rustico nelle botteghe di quartiere. Calpesto un pavé umido, e talvolta dismesso, che scricchiola, testimone di innumerevoli storie di frettolosi passanti. Sbuco in piazza Unità e l’orizzonte si apre d’improvviso. In lontananza scorgo il Molo Audace, avvolto da una leggera coltre di foschia, nella quale la luce fioca dei lampioni in stile rétro cerca di farsi spazio.
Passeggiando per la città che si veste di Natale È di nuovo Dicembre, ci si prepara al Natale. L’abete addobbato troneggia nella grande piazza. Le luci si accendono d’improvviso, all’unisono, sulla facciata del Palazzo del Comune e poi in ogni via, dal centro alla periferia più esterna. Il Palazzo del Comune riflette giochi di luce animati. Anche in piazzetta Barbacan, vicino all’Arco di Riccardo, c’è un albero. Ce n’è uno in piazza di Cavana, un altro in piazza Goldoni e un altro ancora in piazza della Borsa, in ogni rione.
In piazza della Borsa, la grande pista di pattinaggio sul ghiaccio raccoglie bambini che ridono e, talvolta, cadono, insieme ai turisti che si apprestano a volteggiare nei loro pesanti cappotti. Accanto, l’intramontabile giostra carosello, dal perpetuo movimento circolare, sprigiona un incanto che è a tratti magico. Qui, il Mercatino di Natale si apre e prosegue sino a piazza Sant’Antonio, e nelle vie limotrofe, tra luci e decorazioni. Le casette di legno espongono manufatti di artigiani provenienti da tutto il mondo e specialità enogastronomiche regionali, austriache e tedesche. Grandi e piccini addentano frittelle fumanti, c’è chi acquista palline colorate da appendere all’abete di casa o statuine da aggiungere al presepe. Nell’aria, si respira un odore speziato allo zenzero.
Se sollevo il volto verso l’alto, una volta di luminarie argentate dalla forma di stelle e fiocchi di neve mi sovrasta. Continuo a passeggiare verso Viale XX Settembre, raggiungo il mercatino storico del Natale triestino, nel suo ultimo giorno. La celebre fiera di San Nicolò espone un centinaio di bancarelle che offrono oggetti di artigianato, giocattoli, prodotti tradizionali e dolciumi. I bambini, ogni anno, attendono il suo arrivo: San Nicolò – quel signore dabbene, dal sorriso confortante, vestito di rosso, con il cappello a punta e il bastone – il 6 dicembre porta doni e caramelle a chi è stato buono. “Apri il tuo sacco uno due tre, uno due tre San Nicolò ha qualcosa per me!” mi sembra di sentire i bambini cantare trepidanti a gran voce, anche se San Nicolò è, per quest’anno, già passato. Qualche coro si esibisce in canti natalizi. Alcuni locali distribuiscono gratuitamente cioccolatini e dolcetti, del caldo vin brulé viene offerto ai passanti. Le pasticcerie sfornano i dolci tipici della tradizione, i presnitz, arrotolati e ripieni, come da ricetta, e avvolti in carta a tema. È un continuo incontro quello con la Trieste del Natale, passo dopo passo, suono dopo suono, odore dopo odore, sapore dopo sapore. Perché Trieste ti entra dentro, anche se non te ne accorgi. Trieste che, come racconta Saba, “in ogni parte è viva”, viva rimane in chi, anche solo per qualche fugace istante, l’abbia mai vissuta. A Natale e in ogni stagione dell’anno. Qualunque vestito essa indossi.

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