AMICHE PER LA VITA

Difficile trovare in letteratura una rappresentazione altrettanto realistica e sincera dell’amicizia fra due donne, una storia in cui nulla viene esaltato-dice Pia Schwarz Lausten a proposito di Elena Ferrante e dei suoi quattro romanzi sulla storia di Lila ed Elena, amiche cresciute a Napoli

Il nome della scrittrice Elena Ferrante fa sprigionare un piacevole brivido nel corpo di chi ha letto le storie di Lila ed Elena. Le due amiche cresciute a Napoli negli anni ’50, in un quartiere povero in cui criminalità e violenza sono all’ordine del giorno e dove le donne vengono regolarmente picchiate dai loro mariti. I quattro libri descrivono il legame profondo e burrascoso, amorevole e a tratti violento tra le due amiche, la brutale educazione ricevuta e il loro rapporto quasi simbiotico che ne condiziona profondamente la vita, anche se Elena apparentemente ne esce, riuscendo a prendere un buon titolo di studio e a lasciare il quartiere. “La raffigurazione di un’amicizia al femminile di questo tipo è rara da trovare in letteratura,” dice Pia Schwarz Lausten, professore associato di letteratura italiana all’Università di Copenaghen,” ci si sente al centro di un meccanismo psicologico, oltre la facciata esterna, dove la percezione, sia dei personaggi maschili che dei bambini, dei genitori, delle amiche stesse è aderente alla realtà e priva di eccessi
Fonte di ispirazione

Lila ed Elena non possono fare a meno l’una dell’altra. La figura di Lila va interpretata non solo in veste di amica sul piano psicologico, ma anche come colei che racconta il percorso di Elena fino a diventare scrittrice.I libri mostrano chiaramente, ma in maniera indiretta,che la più grande fonte di ispirazione per Elena è proprio l’amica Lila che rappresenta però anche il tradimento: il debito di Elena verso di lei e il senso di colpa per averla derubata delle sue storie. “Normalmente, l’amicizia tra donne viene rappresentata come un luogo di accoglienza,in cui trovare rifugio. Ma in questo caso è invece
descritta come fortemente negativa. La gelosia e quel modo controverso di rapportarsi. Penso che la schiettezza sia il motivo per cui tante donne si sentono attratte da questi romanzi”dice Pia, e continua ricordando la rudezza anchenei confronti dei bambini: ”Non ricordo di aver letto altri autori che mostrino così apertamente un tale distacco dai propri bambini.”
Una tragica eroina
Il terzo romanzo della serie ”Storia di chi fugge e di chi resta” è ambientato negli anni 70, anni in cui l’Italia fu segnata dalla violenza politica e dalle tensioni sociali e in cui la donna cominciava ad acquisire una nuova consapevolezza. “L’autrice è stata ispirata dal femminismo italiano emerso in quegli anni”, dice Pia Schwarz Lausten, “gli anni ’70, in cui le donne si incontravano in gruppo scoprendo improvvisamente l’importanza di raccontarsi. Potrei dire con certezza che la Ferrante ispira le sue storie al racconto di una donna ad un’altra donna che ascolta, raccoglie e scrive quelle storie.
Ma cosa rende questi romanzi così avvincenti?
Ancora una volta, l’onestà – il ritratto sfumato di un universo femminile. È avvincente seguire la storia di Elena, storia di una donna che si evolve. Ma resta pur sempre Lila la protagonista, grandiosa per molti versi, radicale in ogni cosa che fa. “Si tratta di un romanzo femminista, in cui il personaggio principale, attraverso un duro lavoro, riesce a liberarsi, diventando una donna indipendente. Ambientato in una società in cui le donne sono completamente sottoposte ai comportamenti degli uomini, e come Elena
ne cercano il riconoscimento. Ma lei si espone ammettendolo, se ne fa un vanto e lo accetta senza alcun imbarazzo, un personaggio molto forte.
Un violento universo maschile
Elena Ferrante ha voluto mantenere l’anonimato per 25 anni. “I libri non hanno alcun bisogno degli autori, una volta che sono stati scritti”, dice. Malgrado tutto un giornalista italiano ha ritenuto suo dovere scoprire chi fosse realmente Elena Ferrante, riportando la notizia sulle prime pagine di cinque quotidiani internazionali, e nello stesso giorno.
Lui afferma che Elena Ferrante sia la traduttrice Anita Raja, ma lei lo nega. Cosa ne pensi?
“È un comportamento scandaloso e davvero spiacevole”, risponde Pia Schwarz Lausten, “un’ aggressione nei confronti di una donna, fatta proprio da un uomo.Un gesto che in qualche modo rispecchia il violento universo maschile.“ Pia Schwarz Lausten pensa tuttavia che si tratti proprio di Anita Raja: “Il modo in cui si esprime, è riconoscibile. Ma tutto questo fa si che probabilmente non avremo più opere firmate Ferrante, -conclude Pia tristemente.

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