Nata su ispirazione italiana una pedagogia danese innovativa

12 Giugno 2017
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Quando Daniela, in un lontano giorno d’ ottobre del 1979, a Peschiera del Garda sale in sella ad una moto in partenza per Copenaghen, prende una decisione che avrà grande significato per la pedagogia infantile in Danimarca

Il nome di Daniela Cecchin è noto alla maggior parte dei pedagoghi qui in Danimarca. Molti di loro hanno frequentato un suo corso, letto i suoi libri sull’integrazione, il gioco o la creatività, seguito le sue presentazioni o l’hanno contattata in relazione alla richiesta fondi per progetti di sviluppo. Daniela lavora dal 1995 come consulente per lo sviluppo pedagogico alla BUPL, sindacato dei pedagogisti. La sua grande esperienza ha fatto sì che molti nidi e asili si siano ispirati all’avanzato metodo pedagogico del nord Italia, con ricercatori come Malaguzzi e Canevaro. Due portatori di una visione innovativa della figura del bambino, un individuo ricco di risorse e capacità sensoriali, in grado di pensare e mediare in maniera autonoma e a cui bisognava andare incontro con una pedagogia di gioco ponderato, creatività e senso di appartenenza al gruppo.Un pensiero educativo diverso che coinvolgeva il bambino stesso, individuando il punto di partenza proprio nellle “tracce”della sua vita, e che dagli anni ‘90 al 2000 portò tanti pedagogisti danesi a intraprendere viaggi studio in Emilia Romagna. Daniela è originaria della città di Verona, dove si è formata come pedagoga e ha studiato come assistente sociale. Quel giorno di ottobre del 1978 in cui incontrò l’italo-danese Johny, era appena tornata da una vacanza con un’amica attraverso Spagna e Marocco. Un’avvincente avventura. Ora, ventenne, Daniela era seduta lì, al bar Centrale di Peschiera insieme ai suoi amici. Roberto le presentò Johny in partenza in moto il giorno successivo per la Danimarca, “c’era forse qualcuno che voleva un passaggio?” Daniela accettò volentieri, pur non sapendo niente della Danimarca, se non che per raggiungerla avrebbero dovuto affrontare un lungo viaggio
attraverso tutta la Germania. Un viaggio in moto e al freddo, ma conclusosi a Frederiksberg con una calda accoglienza all’italiana da parte dei nonni di Johny. Pochi mesi dopo Daniela si trasferiva in Danimarca,con la sua valigia carica di vestiti, dischi e libri, ma questa volta era per rimanere, convivere con Johny e cominciare qui il suo lavoro di pedagoga. Poi il matrimonio e l’arrivo del figlio Simon. Oggi, a distanza di 38 anni Daniela e Johny sono ancora insieme. La svolta per il suo futuro arrivò quando Daniela, dopo tre anni di lavoro negli asili danesi, intraprese i suoi studi all’Università, presentando la tesi “Det legende barn”. E poi ancora l’Universitá di Bologna per approfondire il pensiero pedagogico di Andrea Canavaro su “integrerende baggrund” sulle tracce del bambino, progetto sostenuto dall’istituto Italiano di Cultura. L’ispirazione italiana si sarebbe poi rivelata fondamentale per lo sviluppo della pedagogia danese. L’Italia era la creme de la creme, era il luogo dove per anni era stato portato avanti un lavoro di ricerca pedagogica avanzato, dove la “traccia” aveva lasciato un segno significativo. “Si può affermare che l’innovazione danese si è realizzarta su ispirazione italiana”-continua Daniela, che ne riconosce l’impronta nel documento del Ministero dell’Istruzione “Programma pedagogico rafforzato di apprendimento 2016” che descrive dettagliatamente i contenuti e il quadro complessivo dell’offerta pedagogica attuale in Danimarca.
La pubblicazione del suo libro”Den integrerende baggrund” del 1999 aveva segnato il punto di partenza per un attivo scambio di metodo pedagogico tra Italia e Danimarca. Daniela è ancora sbalordita su come il gioco e la creatività abbiano lasciato il passo ad una visione di apprendimento molto più tradizionale nell’Italia di oggi.
“Quando i pedagogisti italiani vengono in visita in Danimarca notano subito quanto spazio abbia il gioco qui da noi. In Italia oggi il bambino, anche in età in cui frequenta ancora il nido, viene già considerato un alunno. In Danimarca, dove abbiamo una percezione del bambino come di un individuo con una sua propria personalità, questo sarebbe impossibile.Pur se i programmi di apprendimento sono rispettati anche qui, abbiamo tuttavia una percezione di base che è quella del bambino nel suo complesso, e le attività di gioco e di gruppo occupano per noi un posto di fondamentale importanza durante l’infanzia. Quando gli educatori italiani vengono a visitare i nostri asili con trasferta nel bosco, e vedono bambini seduti fuori nelle tutine imbottite mangiare le loro merende, magari mentre il tempo è piovigginoso, si meravigliano parecchio e possono rimanere addirittura scioccati che i bambini di scuola materna siano autorizzati a salire sugli alberi o a tagliare con un coltello. A molti italiani può sembrare inoltre che i bambini in Danimarca imparino troppo poco, visto che viene permesso loro di trascorrerre molto tempo giocando. Ma sono proprio loro, gli italiani, ad averci insegnato che i bambini imparano in molti modi, ma imparano meglio quando sono insieme e condividono momenti ed esperienze significative.
Nel 2006 Daniela è stata insignita dell’onorificenza ”Ordine della Stella della Solidarietà italiana” per il contributo dato allo sviluppo della pedagogia e della cultura italiana in Danimarca

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